[REQ_ERR: OPERATION_TIMEDOUT] [KTrafficClient] Something is wrong. Enable debug mode to see the reason. Piccola impresa bolognese nel segno della stabilità: fatturato stazionario, bene l’export, ma il lavoro non ne beneficia ancora. La Brexit? Nessuna conseguenza sul territorio provinciale.

L’indagine congiunturale, commissionata da Confartigianato Assimprese Bologna Metropolitana, riguarda le imprese con meno di 50 addetti in provincia
di Bologna e fotografa l’allentamento della morsa della crisi nella prima parte
del 2016.

I parametri economici delle piccole imprese bolognesi nel primo semestre 2016 registrano una crescita sostenuta dell’export (+2,4% congiunturale e +3,4% tendenziale), purtroppo solo con timide ripercussioni su domanda e fatturato globale, con l’occupazione che non riesce a recuperare ancora il terreno perso negli ultimi anni, ma che almeno non arretra. Interessante però, anche in chiave prospettica, la propensione ad investire con circa il 20% delle imprese che ha operato in questi termini.

Confartigianato Assimprese Bologna Metropolitana ha commissionato, per il proprio Osservatorio, al Centro studi Sintesi di Mestre, un’indagine congiunturale sulla piccola impresa in provincia di Bologna, che ha coinvolto un campione di 800 imprese con meno di 50 addetti. L’obiettivo principale è stato quello di analizzare le tendenze economiche in atto di uno dei segmenti più importanti dell’economia bolognese, “sconfinando” però anche in un tema che occupa gran parte del dibattito politico-economico attuale, ovvero il recente referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.

Partiamo proprio da qui: 4 imprenditori su 10 appaiono convinti che non vi saranno particolari conseguenze per gli “altri” dalla Brexit, evidentemente leggendo la questione come un problema interno alla Gran Bretagna piuttosto che esterno per l’UE. È vero però che una conseguenza diretta, senza accordi specifici con gli altri Paesi, potrebbe essere una maggiore difficoltà di accesso per chi vuole studiare o lavorare in Gran Bretagna: si esprimono così circa 2 intervistati su 10. Altra conseguenza economica, secondo il 14% degli intervistati, potrebbe essere l’indebolimento dell’Euro come conseguenza della perdita di “massa economica” dell’UE. In quarta e quinta battuta vengono sollevate questioni politiche, come un maggiore peso decisionale di Germania e Francia (10%) o dell’Italia (6%).

A conferma dello sguardo quasi indifferente con cui gli imprenditori bolognesi guardano alla questione Brexit si rileva che oltre il 90% degli intervistati ritiene che dal punto di vista economico la propria impresa non avvertirà alcuna ripercussione, né diretta né indiretta.

Che l’uscita dell’Euro sia sì un problema, ma per chi ne è direttamente coinvolto, emerge chiaramente della tendenze di voto degli imprenditori in un ipotetico referendum per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea: se si votasse domani, 7 su 10 voterebbero per rimanere mentre appena il 12% sarebbe favorevole ad una Italia fuori dall’Europa.

Focalizzando invece l’attenzione sulle dinamiche economiche delle piccole imprese bolognesi, la prima parte del 2016 si chiude con timidissimi segnali di risveglio (+0,5% la produzione, +0,3% il fatturato) trascinati dalle buone performance del comparto manifatturiero (+1% il fatturato, sia in lettura congiunturale che tendenziale) grazie soprattutto ai mercati esteri (+2,4% che diventa +3,5% se confrontato con quanto si era registrato nella prima parte del 2015). Anche i servizi alle imprese, legati a doppio filo alle attività produttive, sembrano poter recuperare un po’ di terreno, mentre assolutamente stagnante appare la condizione dei servizi alle persone. Il settore dell’edilizia appare quello in maggiore difficoltà e di fatto rappresenta uno dei freni alla ripresa economica nella regione: a livello congiunturale si rileva nel primo semestre una nuova flessione della domanda (-0,6%), mentre la contrazione del fatturato è pari ad un punto percentuale; male anche l’occupazione (-0,4%).

Proprio sul fronte occupazionale va segnalato che ci vuole un irrobustimento dei segnali positivi per poter aspettarsi un recupero del terreno perso: solamente il manifatturiero mostra un segno positivo non irrilevante (+0,3%) ma è evidente che le assunzioni ricominceranno a farsi sentire se dopo la pausa estiva si continuerà sul sentiero che sembra essersi intrapreso.

Le prospettive che tale condizioni si verifichino sembrano, peraltro, esserci tutte. A parte il comparto dell’edilizia, che vede ancora rosso (circa mezzo punto percentuale di flessione sia della domanda che degli ordini), le previsioni degli imprenditori per il secondo semestre sono sicuramente incoraggianti, soprattutto per il manifatturiero (+1,1% del fatturato con un +3,5% per chi esporta) ma anche con qualche indicazioni di crescita nei servizi. Questo ottimismo viene anche rispecchiato dalla propensione ad investire, già salita di 4 – 5 punti percentuali ad inizio anno che dovrebbe mantenersi sugli stessi livelli anche a conclusione di 2016.

“L’analisi del primo semestre 2016 continua a evidenziare importanti segnali di ripresa – commenta Amilcare Renzi, segretario di Confartigianato Assimprese Bologna Metropolitana -. Segnali che sottolineano, una volta di più, l’importanza dell’Area metropolitana bolognese e dell’idea di fare rete fra le imprese del territorio. Questo è il momento giusto di raccogliere le sfide del mercato investendo con convinzione nel controllo di gestione, valutando con attenzione gli obiettivi pianificati e i risultati raggiunti, e soprattutto nelle risorse umane, con la formazione del personale e dei dirigenti e con una nuova spinta all’occupazione. Destano infatti un po’ di preoccupazione i dati sui lavoratori, che sono la realtà su cui occorre agire in modo ancora più convinto e deciso. Occorre liberare le imprese dalla burocrazia, che complica inutilmente il loro lavoro, affinché possano investire su assunzioni e nuovi progetti e occorre comunicare fiducia alle aziende, e alla comunità. Serve ribadire con forza che questo è il momento giusto di tornare a credere nel lavoro, e nelle imprese, perché è creando, e ridistribuendo, ricchezza che si crea benessere nella collettività”.

Congiuntura Report luglio2016